SCENE ABRUZZESI
Orsogna 26 Maggio 1857 - Napoli 5 Agosto 1951
Studiò nel conservatorio “S. Pietro a Majella” di Napoli coi maestri Giuseppe Correggio (armonia) e Nicola D'Arienzo (contrappunto, composizione, fuga). Oltre che valente direttore e compositore, fu anche un apprezzato didatta. Insegnante d'armonia nel Conservatorio di Napoli, nel 1885 professore di canto corale nel “Real Collegio Militare” di Napoli, nel 1886 di armonia e contrappunto nel “Reale albergo dei poveri”, nel 1892 insegnò nel conservatorio di Palermo. Nel 1907, fece ritorno al conservatorio napoletano dove per oltre ventidue anni insegnò composizione, assolvendo anche le mansioni di vicedirettore. Trasfuse l'esperienza riportata in tanti anni di insegnamento (fra l'altro molti indicano in lui il maestro di Umberto Giordano e di Franco Alfano) nel Corso teorico-pratico di armonia ad uso delle scuole complementari.
I suoi lavori erano ambientati in Abruzzo ispirandosi alla musica della sua terra d'origine, in particolare a quella popolare, per composizioni da camera e sinfoniche. Il successo che riscossero tali musiche è testimoniato anche dalle trascrizioni fatte per banda o per orchestra. Melodiosità, chiarezza armonica, fine strumentazione furono le prerogative del suo stile compositivo. Tra le sue maggiori composizioni ricordiamo: le opere liriche “Una notte fortunata, Stella, Un bacio alla regina”; le opere comiche: “Un bagno freddo, Bì bà bù”; musica sinfonica: “ Il Giudizio Universale (poema sinfonico per banda) composizioni per orchestra “ Scene Abruzzesi” in due suites, una edita da Curci e, la seconda, edita da Ricordi (Milano). Di queste due composizioni, fino ad oggi esisteva la strumentazione per grande banda di Raffaele Caravaglios, delle quali la seconda è anche stampata dall’editore (Ricordi) mentre, per quanto riguarda la prima, conosciamo solo l’elaborazione manoscritta dal maestro Caravaglios.
L’edizione attuale, curata da Stefano Gatta e Michele Napoli, si rifà completamente all’originale per orchestra, volendo preservarne le caratteristiche agogiche e di sonorità, per uscire dal clichè timbrico della banda del primo Novecento. Crediamo che si tratti di una operazione riuscita e di grande valore musicologico. Quella di Gatta e Napoli è una strumentazione che valorizza in pieno la classicità del “verismo” di De Nardis. Uno stile, quello del compositore abruzzese, che si avvicina a quello dei compositori suoi contemporanei, operisti come Mascagni, Cilea, Giordano e Catalani, unico tra questi a scegliere la scrittura sinfonica come mezzo espressivo a lui più confacente (almeno fino all’avvento di Ottorino Respighi).
Nel Primo Movimento (Adunata) i due temi principali, lo squillo iniziale che si apre con un perentorio “ribattere” militare e si snoda con un contrappunto a due parti, e il secondo tema di carattere cantato e agreste, ben ritmato e sostenuto, mostrano entrambi una solidità armonica e una chiarezza espressiva molto coerente con gli stilemi del verismo italiano. Eppure, per raffinatezza del colore strumentale (si ascoltino i tempi mediani, 2. Serenata e 3. Pastorale) sono presenti anche assonanze con Giacomo Puccini (quello del Trittico, magari, o di alcuni momenti di “Tosca”), lirico più che impressionista, momenti che disegnano caratteri, più che colorare paesaggi musicali. Nel Quarto Movimento “Saltarello e temporale” (con il Presto e Prestissimo finale) la propensione verista e paesaggistica di De Nardis, già abbozzata nel primo movimento, si esprime al massimo, con la trascinante danza campestre (il tipico salterello abruzzese) che cede improvvisamente il passo al temporale. Musica descrittiva, ma non per questo manierista o superficialmente figurativa, poiché la forma e la struttura armonica non perdono mai contatto con una solida coerenza di forma. La dissolvenza dell’evento “catastrofico” lascia di nuovo spazio alla trascinante danza alternata in binario-ternario (2/4, 6/8) progressivamente portato “in uno”, con efficace accelerazione ritmica e liquidazione armonica, fino al trascinante finale omofonico e risolutivo.
La Suite n.1 dalle SCENE ABRUZZESI di Camillo De Nardis può essere, a buon diritto, considerata uno dei pochi esempi di musica sinfonica italiana a carattere “nazionale”, quindi alla stregua delle più prolifiche “scuole nazionali” europee dell’Est, o Spagnola, o Francese, pienamente degna di essere trattata con pari dignità e uguale valore artistico.
Stefano Gatta