GIPO FARASSINO: AL MÈ PIEMONT
Un omaggio alla musica piemontese con un medley del più celebre cantautore torinese della seconda metà del secolo scorso. Un medley che colma un vuoto nel repertorio bandistico dedicato al Piemonte.
Compositore
Gipo Farassino
Arrangiatore
Andrea Moncalvo
difficoltà
3
durata
7'00
formazione
Concert Band
Editore
Scomegna Edizioni Musicali
formato
Partitura e parti A4+ (24 x 32 cm)
Codice Prodotto
ES B1590.19
Contiene
Matilde Pellissero, Pitò e Cincillà, Sangon Blues, Avere un amico
Descrizione
Gipo Farassino (Torino, 11 marzo 1934 – Torino, 11 dicembre 2013) è stato un cantautore di un certo rilievo nel panorama italiano, ma è con le canzoni in dialetto piemontese che ha dato il meglio di sé.
Nato e cresciuto in periferia, nel quartiere operaio “Barriera di Milano”, in molte delle sue canzoni in dialetto descrive questo mondo che ben conosce: canzoni intrise di malinconia e di ironia che si ispirano alla tradizione francese.
Dopo il diploma in ragioneria impara a suonare la chitarra e il contrabbasso, iniziando la sua carriera musicale nelle balere di Torino per poi trasferirsi in Medio Oriente per alcuni anni.
Tornato a Torino firma un contratto con la Fonit Cetra e, nel 1968, produce ben due dischi a 33 giri e uno a 45, che contengono canzoni sia in dialetto piemontese che in italiano.
Iscritto al Partito Comunista Italiano crea canzoni di protesta fra le quali Senza Frontiere, che venne respinta al Festival di Sanremo a causa del testo fortemente critico nei confronti della guerra in Vietnam.
Le tematiche delle sue canzoni lo avvicinarono a Fabrizio De Andrè, col quale strinse amicizia.
Negli anni '80 le sue canzoni non riscuotono più il successo di un tempo e Farassino decide di dedicarsi principalmente al teatro e alla politica. Allontanatosi dalla “linea revisionista” del PCI fonda il suo partito “Piemont Autonomista” che presto confluirà nella Lega Nord. La sua esperienza politica lo porterà nel Parlamento Europeo alla fine degli anni '90 e, dal 2001, ritornò a calcare le scene con i suoi spettacoli.
Le quattro canzoni scelte per questo medley rappresentano le varie anime di Gipo Farassino: Avere un amico è una delle sue canzoni in lingua italiana nella quale è ben presente la vena malinconica del cantautore “avere un amico vuol dire trovarsi la sera in un certo caffè, ricordare una strada, un bagno nel fiume [...]” il tutto sopra un valzer in stile francese.
La vena ironica e scanzonata la troviamo in Matilde Pellissero detta Tilde, “le grazie dispensavi solo a tre: un medico, un avvocato e un salumaio”. Alberto, operaio metalmeccanico, si invaghisce perdutamente di Tilde la quale gli promette che quando avrà finito di pagare le ultime cambiali sarà sua. Ma, una volta finito di pagare i debiti, Tilde lascia tutti i suoi amanti e si fa suora...
Anche Pito e cincillà rientra nella vena ironica: è la storia di Vigiu detto il “furbo”, piccolo ladruncolo di borgata che un giorno legge un'inserzione: “Per far soldi alleva i cincillà”. Con i risparmi di una vita di furti, decide di darsi alla speculazione comprando trecento uova di cincillà. Alla schiusa delle uova vede uscire trecento tacchini, ma visto che è “furbo” diventa allevatore di tacchini, restando sempre col dubbio di come sia fatto un cincillà.
“Sangon Blues” racconta delle spiagge torinesi fra il Po e il Sangone dove, nella prima metà del secolo scorso, andavano i torinesi che non potevano permettersi il mare della Liguria. È la storia di Berto, giovane operaio tornitore che, abbronzatissimo e palestrato, frequenta regolarmente queste spiagge per rimorchiare qualche ragazza.
È una canzone in stile blues, in quel filone torinese che si rifaceva alla musica americana e di cui Fred Buscaglione è stato un altro illustre interprete.
Nato e cresciuto in periferia, nel quartiere operaio “Barriera di Milano”, in molte delle sue canzoni in dialetto descrive questo mondo che ben conosce: canzoni intrise di malinconia e di ironia che si ispirano alla tradizione francese.
Dopo il diploma in ragioneria impara a suonare la chitarra e il contrabbasso, iniziando la sua carriera musicale nelle balere di Torino per poi trasferirsi in Medio Oriente per alcuni anni.
Tornato a Torino firma un contratto con la Fonit Cetra e, nel 1968, produce ben due dischi a 33 giri e uno a 45, che contengono canzoni sia in dialetto piemontese che in italiano.
Iscritto al Partito Comunista Italiano crea canzoni di protesta fra le quali Senza Frontiere, che venne respinta al Festival di Sanremo a causa del testo fortemente critico nei confronti della guerra in Vietnam.
Le tematiche delle sue canzoni lo avvicinarono a Fabrizio De Andrè, col quale strinse amicizia.
Negli anni '80 le sue canzoni non riscuotono più il successo di un tempo e Farassino decide di dedicarsi principalmente al teatro e alla politica. Allontanatosi dalla “linea revisionista” del PCI fonda il suo partito “Piemont Autonomista” che presto confluirà nella Lega Nord. La sua esperienza politica lo porterà nel Parlamento Europeo alla fine degli anni '90 e, dal 2001, ritornò a calcare le scene con i suoi spettacoli.
Le quattro canzoni scelte per questo medley rappresentano le varie anime di Gipo Farassino: Avere un amico è una delle sue canzoni in lingua italiana nella quale è ben presente la vena malinconica del cantautore “avere un amico vuol dire trovarsi la sera in un certo caffè, ricordare una strada, un bagno nel fiume [...]” il tutto sopra un valzer in stile francese.
La vena ironica e scanzonata la troviamo in Matilde Pellissero detta Tilde, “le grazie dispensavi solo a tre: un medico, un avvocato e un salumaio”. Alberto, operaio metalmeccanico, si invaghisce perdutamente di Tilde la quale gli promette che quando avrà finito di pagare le ultime cambiali sarà sua. Ma, una volta finito di pagare i debiti, Tilde lascia tutti i suoi amanti e si fa suora...
Anche Pito e cincillà rientra nella vena ironica: è la storia di Vigiu detto il “furbo”, piccolo ladruncolo di borgata che un giorno legge un'inserzione: “Per far soldi alleva i cincillà”. Con i risparmi di una vita di furti, decide di darsi alla speculazione comprando trecento uova di cincillà. Alla schiusa delle uova vede uscire trecento tacchini, ma visto che è “furbo” diventa allevatore di tacchini, restando sempre col dubbio di come sia fatto un cincillà.
“Sangon Blues” racconta delle spiagge torinesi fra il Po e il Sangone dove, nella prima metà del secolo scorso, andavano i torinesi che non potevano permettersi il mare della Liguria. È la storia di Berto, giovane operaio tornitore che, abbronzatissimo e palestrato, frequenta regolarmente queste spiagge per rimorchiare qualche ragazza.
È una canzone in stile blues, in quel filone torinese che si rifaceva alla musica americana e di cui Fred Buscaglione è stato un altro illustre interprete.
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