DANZE PIEMONTESI (Studienpartitur)
sopra temi popolari, Op.31 No.1
Komponist
Leone Sinigaglia
Arrangeur
Andrea Oddone
Schwierigkeitsgrad
4
Dauer
8'00
Formation
Blasorchester
Verlag
Scomegna Edizioni Musicali
Format
Partitur A4+ (24 x 32 cm)
Product Code
ES B1615.CS21
HÖRE UND LESEN
Beschreibung
Leone Sinigaglia, nacque a Torino nel 1868, da un'agiata famiglia di origine ebraica.
Fu compositore assai raffinato, cosmopolita, colto, pioniere della ricerca etnomusicologica, rappresentò in maniera brillante quell’alta borghesia che, a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, espresse numerose e centralissime figure con un ruolo fondamentale nello sviluppo della nazione italiana allora fresca di unità e desiderosa di definirsi.
La casa di Leone Sinigaglia era frequentata da un'elite di intellettuali e artisti di spicco, pertanto la formazione intellettuale del compositore si nutrì di stimoli culturali di assoluto livello e la sua curiosità lo portò ad amare le lingue straniere, la letteratura, l’alpinismo, oltre ovviamente la musica.
I suoi studi musicali si svolsero a Torino, dove si dedicò al violino e al pianoforte, poi all’armonia, alla composizione e all’orchestrazione.
I primi viaggi all’estero lo convinsero che fosse necessario un periodo di studio lontano dalla propria città per perfezionarsi e seguire la sua vocazione di autore orientato verso la musica da camera e sinfonica di ispirazione tedesca.
Vienna fu la città che lo colpì maggiormente e in cui sembrò trovarsi particolarmente a proprio agio e dove visse dal 1894 al 1899, intessendo un gran numero di proficui rapporti e vivendo appieno l’ambiente culturale ricchissimo della capitale austriaca.
Il Quartetto Boemo, attivo in quegli anni in città, mise presto in repertorio le composizioni di Sinigaglia e favorì probabilmente l’incontro, determinante, con Antonin Dvoràk.
Di quest’ultimo egli divenne allievo, raggiungendolo a Praga nel 1900 e possiamo stabilire con sicurezza che il periodo di studio con lui contribuì in maniera determinante alla definizione del carattere compositivo del giovane artista.
In primo luogo gli furono svelati i fondamenti dell’arte dell’orchestrazione, consentendogli di gestire il linguaggio sinfonico in maniera assai raffinata; poi il boemo suscitò in Sinigaglia l’interesse verso la musica popolare. Se ne occupò quindi in prima battuta quale instancabile ricercatore, trascrivendo le melodie ascoltate dalle contadine della collina torinese, pubblicandone svariate raccolte e poi inserendone i temi nelle composizioni strumentali.
Il suo primo lavoro di maggior portata fu il Concerto opera 20 per violino e orchestra in La maggiore. Dedicato all’amico Arrigo Serato, fu da lui presentato a Berlino, Vienna e Milano sotto la prestigiosa direzione rispettivamente di Nikisch, Löwe e Toscanini. La popolarità di questo Concerto durò fino agli anni trenta e fu eseguito in tutto il mondo dai più celebri solisti. Arturo Toscanini contribuì in maniera determinante alla diffusione della musica di Sinigaglia continuando a eseguirla alla Scala e durante tutto il suo periodo americano. Dopo le Danze Piemontesi verranno, tra gli altri lavori, la Suite Piemonte (di cui il celeberrimo direttore sarà dedicatario), l’ouverture Le baruffe chiozzotte e la Rapsodia Piemontese.
Le Danze piemontesi per orchestra, composte nel 1903, furono eseguite per la prima volta a Torino sotto la direzione di Arturo Toscanini. Il pezzo suscitò polemiche da parte del pubblico e della critica: venne accusato di aver dato luogo a una sorta di “profanazione del tempio” consentendo alle canzoni dei campi e delle osterie di entrare nelle sale da concerto. Nonostante questo contrastato esordio (peraltro comune a molti lavori rivoluzionari apparsi attorno a quegli anni in Europa) le Danze Piemontesi ebbero notevole diffusione in tutto il mondo soprattutto grazie ad Arturo Toscanini e a molti altri interpreti di rilievo.
La grande popolarità raggiunta non servirà a metterlo al riparo dalle persecuzioni razziali volute dal regime: vietate le esecuzioni della sua musica, Sinigaglia diminuirà sensibilmente il ritmo della sua produzione dedicandosi all’amata ricerca sui canti popolari. Convinto, per bontà di carattere, che nessuno potesse essere interessato a nuocergli, non volle mai fuggire, nascondersi o cambiare nome. Nel 1944, proprio durante l’arresto da parte della polizia fascista, il suo cuore cedette risparmiandogli, forse, la tragedia della deportazione.
Fu compositore assai raffinato, cosmopolita, colto, pioniere della ricerca etnomusicologica, rappresentò in maniera brillante quell’alta borghesia che, a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, espresse numerose e centralissime figure con un ruolo fondamentale nello sviluppo della nazione italiana allora fresca di unità e desiderosa di definirsi.
La casa di Leone Sinigaglia era frequentata da un'elite di intellettuali e artisti di spicco, pertanto la formazione intellettuale del compositore si nutrì di stimoli culturali di assoluto livello e la sua curiosità lo portò ad amare le lingue straniere, la letteratura, l’alpinismo, oltre ovviamente la musica.
I suoi studi musicali si svolsero a Torino, dove si dedicò al violino e al pianoforte, poi all’armonia, alla composizione e all’orchestrazione.
I primi viaggi all’estero lo convinsero che fosse necessario un periodo di studio lontano dalla propria città per perfezionarsi e seguire la sua vocazione di autore orientato verso la musica da camera e sinfonica di ispirazione tedesca.
Vienna fu la città che lo colpì maggiormente e in cui sembrò trovarsi particolarmente a proprio agio e dove visse dal 1894 al 1899, intessendo un gran numero di proficui rapporti e vivendo appieno l’ambiente culturale ricchissimo della capitale austriaca.
Il Quartetto Boemo, attivo in quegli anni in città, mise presto in repertorio le composizioni di Sinigaglia e favorì probabilmente l’incontro, determinante, con Antonin Dvoràk.
Di quest’ultimo egli divenne allievo, raggiungendolo a Praga nel 1900 e possiamo stabilire con sicurezza che il periodo di studio con lui contribuì in maniera determinante alla definizione del carattere compositivo del giovane artista.
In primo luogo gli furono svelati i fondamenti dell’arte dell’orchestrazione, consentendogli di gestire il linguaggio sinfonico in maniera assai raffinata; poi il boemo suscitò in Sinigaglia l’interesse verso la musica popolare. Se ne occupò quindi in prima battuta quale instancabile ricercatore, trascrivendo le melodie ascoltate dalle contadine della collina torinese, pubblicandone svariate raccolte e poi inserendone i temi nelle composizioni strumentali.
Il suo primo lavoro di maggior portata fu il Concerto opera 20 per violino e orchestra in La maggiore. Dedicato all’amico Arrigo Serato, fu da lui presentato a Berlino, Vienna e Milano sotto la prestigiosa direzione rispettivamente di Nikisch, Löwe e Toscanini. La popolarità di questo Concerto durò fino agli anni trenta e fu eseguito in tutto il mondo dai più celebri solisti. Arturo Toscanini contribuì in maniera determinante alla diffusione della musica di Sinigaglia continuando a eseguirla alla Scala e durante tutto il suo periodo americano. Dopo le Danze Piemontesi verranno, tra gli altri lavori, la Suite Piemonte (di cui il celeberrimo direttore sarà dedicatario), l’ouverture Le baruffe chiozzotte e la Rapsodia Piemontese.
Le Danze piemontesi per orchestra, composte nel 1903, furono eseguite per la prima volta a Torino sotto la direzione di Arturo Toscanini. Il pezzo suscitò polemiche da parte del pubblico e della critica: venne accusato di aver dato luogo a una sorta di “profanazione del tempio” consentendo alle canzoni dei campi e delle osterie di entrare nelle sale da concerto. Nonostante questo contrastato esordio (peraltro comune a molti lavori rivoluzionari apparsi attorno a quegli anni in Europa) le Danze Piemontesi ebbero notevole diffusione in tutto il mondo soprattutto grazie ad Arturo Toscanini e a molti altri interpreti di rilievo.
La grande popolarità raggiunta non servirà a metterlo al riparo dalle persecuzioni razziali volute dal regime: vietate le esecuzioni della sua musica, Sinigaglia diminuirà sensibilmente il ritmo della sua produzione dedicandosi all’amata ricerca sui canti popolari. Convinto, per bontà di carattere, che nessuno potesse essere interessato a nuocergli, non volle mai fuggire, nascondersi o cambiare nome. Nel 1944, proprio durante l’arresto da parte della polizia fascista, il suo cuore cedette risparmiandogli, forse, la tragedia della deportazione.
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